Come sopravvivere a stitichezza relazionale e bukkake emozionali

Anche oggi Milano mi fa sentire come chi si scopre senza carta per i pacchetti il 24 Dicembre alle 21. 

Sono di nuovo quella senza Kleenex al colloquio per il lavoro della sua vita, sprovvista persino del folletto della castagna antinfluenzale a cui appellarsi.

” sarai pure qualificata figlia mia, ma hai il moccio al naso!”

È esattamente come quando da bambina trattenevi la cacca per non sporcarti, a 30 anni la tua stitichezza è emotiva.

Razionare parsimoniosamente le porzioni di calore umano, con gli anni ti conduce dritta dritta ad un ingrossamento emozionale simile a quello prostatico: accumuli bisogni, desideri e necessità che improvvisamente esploderanno tutti insieme come una gigantesca polluzione notturna sulla faccia del primo essere umano che si guadagnerà la tua fiducia con un gesto insignificante ed avrà in cambio un bukkakke emozionale.

Praticamente ti ritrovi, senza nemmeno accorgertene, ad esser vittima di una fulminante orchite affettiva dopo aver passato la tua intera esistenza a fuggire a gambe levate dagli eiaculatori precoci di promesse e buoni sentimenti e col solito fardello di rapporti umani sani come una cistite cronica: per quanto fastidiosi tornano sempre e bruciano solo nel momento in cui hai le braghe calate.

Provviste sentimentali, date di scadenza relazionali e molto altro

Che vi piaccia oppure no, il frigorifero è lo specchio della vostra vita sentimentale.

Che sia colmo di cose che fanno male, straripante di provviste genuine o vuoto come le mutande del vostro ex, resta comunque un attendibile spaccato della vostra sfera emotiva e relazionale.

Il mio, popolato soltanto di qualche birra occasionale, ( quasi sempre sgasata e con quel retrogusto amaro da discount), appare costantemente vuoto, fatta eccezione per quel vecchio barattolo di senape che sono quasi certa che prima o poi se ne andrà autonomamente verso l’immondizia.

La tendenza a conservare prodotti ormai inservibili e scaduti è l’ennesima manifestazione di quell’orribile e becera ostinazione radicata nel profondo, a mantenere rapporti umani guasti, esausti e palesemente nocivi.

E se Max Gazzè mentiva cantando a proposito di ” solitudini passate a farsi da mangiare”, (la realtà è che la solitudine è fatta di pasti a base di yogurt magro consumato direttamente dal barattolo – rigorosamente dopo la data di scadenza – in orari improponibili e con conseguenze devastanti sulla flora intestinale), presumibilmente mentiranno anche tutti coloro a cui spalancherete le porte del vostro freddo armadio di provviste emotive.

Diffidate di coloro che partono dal pericoloso presupposto che voi, mie piccole dame dalle scarpette di cristallo, siete  fragili come vetro di Murano, perché come minimo hanno in serbo per voi un gran finale a base di jarsquatter.

Inutile puntualizzare che con quelle come  noi una conclusione a colpi di dirty sanchez sarebbe scontata ed inutile, dal momento che presumibilmente vantiamo baffi ben più folti ed appariscenti dei loro.

La morale della favola amici è che, comunque vada, non importa chi e come metta mano al vostro frigorifero emozionale perché nel vostro freezer relazionale ci sarà sempre posto per una testa in più.
#leprovvisteemotivesonodolore

Diabete relazionale, opossum e snack del dolore

Quelle come me alla fine cercano solo refrigerio.

Non si sa bene come e perché, siamo capaci di bere felici da quei bicchieri burini sorseggiando  avidamente relazioni grezze come una grattachecca consumata sul lungomare di Sabaudia, convinte di aver ordinato una finissima granita siciliana di pasticceria.

Veniamo risvegliate da un dolore sordo, un tonfo al cervello,ghiacciato da un eccesso  di ingordigia e buone intenzioni. La pochezza di quello snack scadente ci viene gettata in faccia tutta insieme, più che un intermezzo diventa un attentato al nostro equilibrio fisico e mentale.

A quel punto, diventate emotivamente diabetiche, passiamo gli anni ad infliggerci relazioni insulina, curando di somministrarcele lontano dai pasti, a digiuno di umani sentimenti e con la certezza che prima o poi il coma ci sorprenderà nel sonno, come un tradimento… o magari, come piccoli opossum in tanatosi, staremo solo simulando.

#lavitaèunopossum

Io, il pathos e gli spagnoli. ( no non parlo dei quartieri)

Amo gli spagnoli, sono l’apoteosi dell’empatia: per esprimere dispiacere si toccano il petto, ti fissano coi loro occhi da cane ed esprimono tutto il loro rammarico sussurrandoti un ” LO SIENTO”. 
“Lo siento”, capite? Come se anche loro potessero avvertire il nostro dolore, il nostro cruccio, come se la compassione, intesa solo e unicamente come CONDIVISIONE della sfera emotiva, fosse la cosa più ovvia ed elementare del mondo.

Oggi vorrei trascinare il mio sconforto su un marciapiede madrileno farmi riempire le gote di baci dati al contrario e riempire la mia voragine di sangria.

Disabilità relazionali, missioni impossibili e altre cose che fanno piangere

Le situazioni improbabili e le storie d’amore impossibili sullo stampo di quella tra la gallina Marta e Lupo Alberto hanno sempre esercitato un fascino magnetico su di me. Sin dall’alba dei tempi tutto ciò che è pericoloso, nocivo, impossibile, inesistente, scaduto, moscio, troppo grande, vecchio, un caso umano, in ritardo o troppo in alto risulta potenzialmente irresistibile per me.

Proprio come Lupo Alberto corro fuori dal pollaio col mio bottino sulla testa trionfante finché non m’imbatto in quel che dovrebbe essere custode ciccione della mia vita, il mio Mosè armato di bastone che però mi finisce sempre e inspiegabilmente in culo: il mio cervello. Il cervello è sostanzialmente una stanza da motel di quelle scrostate dove il tizio di turno riesce ad accoppiarsi con te la prima volta, perché non ti porti a casa un tizio che non conosci bene. Il cervello è la prima base, prima ancora di arrivare a toccare una tetta vi toccherà letteralmente deflorare la fimmina in palio a livello cerebrale o difficilmente riuscirete a calarle le mutande . Un cervello correttamente innaffiato vi permetterà di non incorrere in un secchio di sabbia quando starete scavando per trovare il tesoro, credetemi. Tutte queste infallibili tecniche di seduzione apprese all’oratorio sono inutili quando vi imbattete in coloro che come me sono sentimentalmente disabili e in quel caso, di fronte ad una tizia che riesce a trovare romantica la visione domenicale di coppia di ” Concetta Licata” vi conviene lasciar perdere a meno che non siate maghi capaci di cogliere qualcosa di affascinante anche nella nostra debilitante disabilità tramutando il nostro handicap in una meravigliosa peculiarità facendoci sentire delle sensualissime Long Jeanne Silver dell’amore.

Le aspettative sono dolore

In questo giovedì sfigato e appiccicoso vorrei parlarvi delle aspettative che le persone che ci circondano ripongono in noi, aspettative che siamo geneticamente portati a deludere. 

Nel ’95 c’era la tizia sovrappeso e di colore, si chiamava Des’ree mi pare, con la sua canzone da spot di automobile dal colore improbabile “You Gotta be” ci aveva avvisato che il mondo si sarebbe aspettato da noi che fossimo forti, fighi, coraggiosi,privi di condotti lacrimali e dunque fisicamente impossibilitati a frignare. In quanto fimmina di casa io sono in ritardo sulla tabella di marcia del mio terronissimo parentame poichè attualmente non sono scalza e gravida, non faccio prove da matrimonio mettendomi una federa in testa e non ho neanche un uomo. 

Le aspettative dei miei sono state sepolte definitivamente sotto ad un mucchietto di libri dismessi per gli studi mollati, il mio spiccato ateismo,piercing, tatuaggi e l’incapacità di gestire un rapporto a due.

Poi ci sono le aspettative dei tuoi amici:vorresti stare vicino ad ognuno di loro al momento giusto. Poi arriva il giorno in cui sei appena stato fistato al lavoro e ti gira il cazzo, e non hai abbastanza soldi e sei sommerso dai cazzi tuoi e l’amico di turno magari ha bisogno di sostegno e tu proprio non ce la puoi fare, sei talmente stanco che c’hai na faccia che pari Bjork, te so’ venuti gli occhi a mandorla da quanto stai scojonato e passi per stronzo perchè hai finite le parole di conforto cercando di usarle per te stesso. Inutile parlare delle aspettative deluse legate alle relazioni perchè si finirebbe banalmente a parlare di recriminzaioni, maledizioni gitane e rapporti sessuali usati come merce di scambio.La morale di questa riflessione amici è la seguente: non lagnatevi del fatto che qualcuno ha deluso le vostre aspettative perchè certamente voi sarete la delusione del giorno di qualcun’altro perchè la vita è dolore.

Ho già detto che la vita è dolore?

Stipsi emotiva e altre costipazioni sentimentali

Parliamo del mio clan, noi stitici siamo tanti e possiamo bullarci di possedere sfinteri d’acciaio. Siamo nati fisiologicamente predisposti a trattenerci a covare i nostri scarti come fossero preziose pepite. Una strana situazione karmica ha voluto che io applicassi la stessa improbabile legge intestinale alla mia vita privata.

L’amore folle, quello che ” strappa i capelli” di De Andrè, quello per cui canti le canzoni degli Oasis con le parole vere senza storpiarle e ti senti IMPOSSIBILITATO a TRATTENERE i tuoi slanci verso un altro essere umano perché sei impreparato e costretto ad arrenderti ai moti amorosi così come ti arrendi ai moti intestiniali quando ti viene il cagone in gita scolastica, ecco quella cosa lì noi stitici la subiamo nello stesso identico modo di tutti gli altri. La nostra pena risiede solo e unicamente nella stipsi emotiva altrui: siamo condannati ad avere unicamente bersagli affettivamente costipati come chi ha mangiato limoni a colazione, pranzo e cena negli ultimi 30 anni. L’unica spiegazione è che a forza di trattenerci in tutte le sfere possibili un bel giorno saremo vittima dei nostri scarti ( emotivi e non) e finiremo i nostro giorni col culo che brucia come quello di un babbuino col prolasso anale, ora calorosamente vi saluto poiché già non riesco più a sedermi.

#lastipsiemotivaèdolore

Il convivio siculo del dolore

Nella mia tribù il convivio coincide col 90% dell’espressione della socialità più pura.

I siciliani si ritrovano per mangiare, con la scusa di mangiare, festeggiano mangiando e mangiano per festeggiare.

La tavola è sempre apparecchiata dalle più giovani e non deve mai mancare il pane, altrimenti ” fai chiangiri u signuri”.

Il capotribù, ehm capofamiglia, siede sempre a capotavola nel luogo più lontano dai fornelli che invece staranno quantopiù vicino possibile alla padrona di casa, nonchè cuoca.

È necessario rispettare delle regole base per sedere in compagnia, la più rigida è fondamentale riguarda il posto che occuperanno le zitelle.

La “categoria protetta” per eccellenza, rappresentata da tutte coloro che sono portatrici dell’imperdonabile handicap della carenza dello zitu ( il fidanzato), una mutilazione invalidante e gravissima, fonte di lacrime e compassione per mamme e vecchie zie resta tuttora una piaga sociale di tutto il centro-sud.

Le zitelle, da tradizione, hanno il categorico divieto di sedere all’angolo del tavolo per quanto affollato esso sia, poichè la leggenda narra che chi siede all’angolo è destinato a non sposarsi mai più.

C’è sempre la possibilità di aggiungere un posto ad una tavola sicula, a nessuno verrà mai negata la sedia ed un piatto caldo di cibo che verrà presumibilmente digerito giorni e giorni dopo, una mensa non è mai troppo affollata purché  le zitelle mantengano la propria posizione di speranza lontana dagli angoli del tavolo.

Inutile puntualizzare che le giovani sovversive che tentano di ignorare la regola subiranno le  incalcolabili ripercussioni di quell’insano gesto.

Mi chiamo Claudia, ho 28 anni e sono quasi certa che il mio seggiolone fosse posizionato sull’angolo.

#gliangolisonodolore

Le pulsioni sono dolore

Non è necessario avere la fama di Bocca di Rosa per mettere “l’amore sopra ogni cosa”, il sesso stringe da sempre nella sua mano destra la bacchetta per dirigere le nostre relazioni sociali ed è meglio che non vi dica l’altra mano dove la mette.C’è chi l’amore lo fa per noia, chi per dovere coniugale, per senso di colpa o perchè traboccante di sentimenti, chi lo fa come esercizio per combattere l’insonnia oppure per migliorare il proprio umore.

A qualcuno serve per scaricare la tensione, per altri invece è una mera quesione di svuotamento, di controllo, di resa, uno strumento per fare pace o per attuare una tremenda vendetta, in ogni caso il sesso è una faccenda delicata e andrebbe maneggiato con cura.
Ma cosa ti aspetti da una generazione cresciuta guardando “I ragazzi del muretto” negli anni ’90?! Non potrai mica avanzare la pretesa che questa gente possa aver sviluppato una sessualità normale no?
Viviamo un tempo in cui a trent’anni si ha paura di ammettere di aver fatto una scelta monogama, si teme di essere additati, banditi e scortati dai Quattro gendarmi con le armi alla stazione di Sant’Ilario accompagnati da tutti con gli occhi rossi, il cappello in mano e una lettera scarlatta stampata sul petto che indignata grida al mondo che avete ucciso la promiscuità.

Nessuno vorrebbe mai rendersi complice di un delitto così efferato quando la promiscuità sessuale ci accompagna nei momenti felici sin dai tempi di BeverlyHills 90210, ormai è una di noi e tagliarla fuori sarebbe un affronto troppo grande.

Noi la promiscuità ce la teniamo stretta sotto I vestiti da ufficio, ci resta attaccata addosso seppellita dagli obblighi morali , stantia come l’odore della barba di qualcuno con cui hai diviso il letto anche soltanto per poco, quell’odore te lo ricordi e ci ripensi mentre stai lavorando o mentre bevi la tisana prima di dormire e persino mentre stai facendo una doccia.

Per quanto I rapporti a due possano generare più ansia di un esame, più panico dell’ebola, sempre più spesso vengono gestiti come si potrebbe affrontare la classica situazione da peto in ascensore: tutti sanno chi ha fatto cosa ma si continua a sorridere in apnea nella speranza che l’altro non se ne sia accorto o che quantomeno non lo palesi.

Ci sono situazioni in cui la tensione sessuale è così ingombrante da far sanguinare I nasi, circostanze in cui ti tornano utili gli insegnamenti del tizio con cui uscivi che per posticipare il “momento felice” pensava a carogne di animali morti sostenendo che fossero un ottimo ritardante.

Ogni volta che ti senti messa al muro dalle pulsioni, ogni volta che ti fingi amichevole nello scambiare una chiacchiera o condividere una sigaretta con qualcuno che in realtà vorresti leccare come un cucchiaio nello spot Muller e stai slumacandoti addosso come nemmeno cicciobello pipìaddosso saprebbe fare, ogni maledetta volta che cogli una nota famelica nello sguardo innocente di chi ti sta attorno appenditi al collo un contraccettivo per sicurezza e se vuoi divincolarti da questa sgradevole situazione pensa intensamente ai canini di Max Pezzali e disintegra qualsiasi fantasia sessuale ti stia sfarfallando nel cervello.
‪#‎nonosonounasignora‬ ‪#‎l‬’amoreèdolore ‪#‎tiprenderàuncolposenontifaidareduecolpi

Educazione Siciliana

” La fame viene e scompare, ma la dignità una volta persa non torna più!” Diceva nonno Kuzja nel celebre romanzo “Educazione siberiana”.

In Sicilia la fame, più comunemente detta “ppitito”, è strettamente connessa alla perdita di dignità; oltre che in qualche caso estremo, alla perdita dei sensi.

Non tutti sono temprati per resistere a tavola cinque o sei ore senza MAI smettere di mangiare.

Rifiutare una pietanza o una portata a casa di un parente, di un amico o di un conoscente da Messina in giù, può infatti costituire un’onta indelebile per l’eternità.

Il disonore sarà così imponente da essere tramandato di generazione in generazione: voi e la vostra progenie verrete additati con disprezzo come ” gente che non mangia”, se poi disgraziatamente siete anche uomini la faccenda getterà senza alcun dubbio un velo d’incertezza sulla vostra virilità e, di conseguenza, sul vostro presunto orientamento sessuale.

Il vero uomo d’onore siculo non lascia NULLA nel suo piatto, riempito dalle prodigiose mani di donnine che in cucina ci sono cresciute.

Ogni fimmina che si rispetti, considerata tale dopo il primo menarca, (occasione celebrata dalla tribù con doni preziosi di rara bruttezza), deve conoscere a memoria e saper eseguire a regola d’arte l’intero ricettario tipico.

Addestrate come veri soldati, le fimmine si aggirano attorno ai fornelli con le gote imbrattate da strisce di nero di seppia, perché la cucina è una trincea e se sbaglierai a pulire il pesce tutti i masculi di zona sapranno che non sei un buon partito e nessuno ti sceglierà mai come “zita”.

Tutte le portatrici di utero che nella Sicilia Saudita non passano l’addestramento culinario e non vengono valutate ” brazzo di mare” ( donne operose e abili nei mestieri di casa), verranno marchiate con lettere scarlatte e allontanate dal clan come chi viene sorpreso a montare una lampadina in una comunità Amish.

Sono sicula da parte di padre, inutile che vi spieghi quale fu la reazione di nostra signora della Zagara, al secolo -mia nonna- quando dichiarai fermamente che ” toccare il pesce mi faceva senso” gettando un’aura di mistero sul mio orientamento sessuale e un’onta di vergogna sul mio branco per sempre.

Se la tua tribù è sicula e tu non tocchi il pesce #lavitaèdolore